Poggio Baranèllo: due giovani donne, il vino e Montefiascone

di Roberto Giuliani

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Cerco sempre di non mettere mai i titoli a caso, anche se non è sempre facile condensare in poche parole il tema di un articolo. Ma qui credo di esserci riuscito, perché ciascuna di quelle che ho utilizzato ha un significato preciso, che ora cercherò di spiegarvi.
Iniziamo con Poggio Baranèllo.
Siamo nell’alto Lazio, a 436 metri di altitudine, di fronte a Montefiascone, noto comune del viterbese per la produzione del vino Doc Est!Est!!Est!!!, ma su questo torneremo più avanti. Qui nel 2009 il papà di Silvia e Irene, grazie ai soldi ricevuti a causa di un brutto incidente d’auto, che ha portato la morte di una zia e tre mesi di ospedale per la mamma, decide di acquistare un terreno con casale annesso situato su un poggio in località Le Poggere; ben 38 ettari di cui 21 a seminativo e pascolo (infatti il proprietario era un pastore), 11 di bosco ceduo e circa 4,5 di vigneto.

Silvia e Irene non erano molto d’accordo, nessuno in famiglia aveva una storia legata all’agricoltura. Ma qualcosa poi è successo, in particolare Silvia ha cominciato a interessarsi al vino, tanto da decidere di prendersi il diploma di sommelier; l’arrivo di Lisa nella sua vita è determinante, è proprio lei, la sua compagna a convincerla di tentare la strada della produzione di vino, insieme, visto che tra l’altro si sono sposate, segno di un amore profondo e di un progetto di vita insieme.

E partono subito bene, perché, consapevoli di avere le vigne nella Doc Montefiascone, decidono di impiantare solo i vitigni previsti nel disciplinare; al momento il 50% è destinato al trebbiano toscano, il 40% al trebbiano giallo, conosciuto localmente come “Rossetto” (che nel tempo aumenterà, visto le sue caratteristiche decisamente interessanti) e il restante 10% alla malvasia lunga toscana (che verrà sostituita dalla puntinata laziale, qualitativamente migliore).
Ma Silvia e Lisa hanno anche la possibilità di integrare con un altro mezzo ettaro nel 2021, da dedicare al grechetto rosso, altro vitigno in cui credono molto.

Siamo solo agli inizi, per fare il vino si appoggiano a un’altra azienda vicina, Piancardo (dove mi ha accompagnato per assaggiare dalle vasche e da un’anfora), infatti dall’anno prossimo gli investimenti saranno rivolti alla costruzione della cantina, che si svilupperà a ridosso del casale puntando sul minor impatto ambientale possibile.
Dicevamo Poggio Baranèllo. L’azienda si chiama “Le Poggere”, che è il nome della località, ma la Falesco ha in carta un proprio vino con questo nome, pertanto, saggiamente, le nostre giovani imprenditrici hanno optato per utilizzare come marchio Poggio Baranèllo, che ha comunque un senso, infatti c’è un vento che proviene da nord, passa da Montefiascone e arriva al poggio, che in dialetto martano è chiamato “baranèllo”. In effetti qui il vento c’è sempre ed è molto forte, non ha nulla da invidiare alla bora triestina…

L’azienda è impostata già in modo eco-compatibile, infatti ha un impianto fotovoltaico, un pozzo per l’autonomia idrica e un termocamino per il riscaldamento.
Il terreno è molto sabbioso (70%), poi pochi limo e argilla, sotto invece è tufaceo; quindi poco nutrito, pertanto quest’anno è stato necessario concimarlo con il classico letame. A marzo si utilizzeranno altri concimi organici per integrare ulteriormente. I vigneti sono stati impostati per ottenere la conversione in biologico, la potatura segue il metodo Simonit & Sirch (Silvia ha fatto il corso), utilizzo di zeolite sia per le piante che per il terreno, con risultati davvero interessanti, ove necessita rame e zolfo.

La prima annata, quindi, è la 2019, solo 3000 bottiglie ripartite su 6 tipologie di vino, ovviamente piccolissime quantità, del resto siamo all’inizio dell’avventura ed è giusto sperimentare per trovare la strada più giusta. Cinquecento bottiglie di metodo ancestrale da uve trebbiano toscano, dalle stesse uve nasce anche il vino in anfora da 350 litri (decisamente uno dei più interessanti degustati), poi uno spumante che nasce dalla vigna più vecchia, registrata a rossetto, altri 350 litri; poi tre vini in acciaio classificati Lazio IGT: una malvasia (solo 40 litri…), 250 litri di rossetto e 800 litri di trebbiano toscano.

Nonostante le esigue quantità i vini usciranno nella primavera dell’anno prossimo, mentre il metodo ancestrale dovrebbe essere pronto entro marzo.
E qui possiamo parlare di Montefiascone, non del comune ma della Doc, Silvia è restia a utilizzarla per via della pessima nomea che si è fatta negli anni a causa di produzioni scadenti, figlie dell’epoca in cui la quantità era privilegiata alla qualità.

Però la richiesta di Est!Est!!Est!!! c’è, molti ne aspettano da tempo la rinascita, e un’azienda nuova come Poggio Baranèllo, con i princìpi giusti che ha e le vigne impostate per fare poco ma bene, sembra avere tutte le carte per poter contribuire a ridare lustro a questa denominazione dell’alto Lazio. Speriamo che Silvia e Lisa si lascino convincere, la pensa così anche Andrea Occhipinti, uno dei nostri fiori all’occhiello con i suoi vini a base aleatico. Magari ci ascolteranno…
Insomma, segnatevi Poggio Baranèllo, perché farà presto parlare di sé, potete starne certi!

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